Il "BOSCO VECCHIO" di Buzzati, tra segreti e misteri

 

«Che dipinga o scriva, io perseguo il medesimo scopo, che è quello di raccontare delle storie»

— Dino Buzzati è stato uno scrittore, giornalista, pittore, drammaturgo, librettista, scenografo, costumista e poeta italiano.

 

 

Dino Buzzati è da sempre uno dei miei scrittori preferiti.

Mi sono innamorata della sua scrittura un’estate di vent’anni fa, con la Boutique del Mistero, una raccolta dei suoi racconti stravaganti dalle atmosfere noir.

 

Recentemente ho riscoperto sui scaffali di un supermercato “Il Segreto del Bosco Vecchio” nella sua ultima edizione corredata dai disegni dell’autore... e - sapete com’è - chi può resistere al canto delle sirene?

L’ho divorato in due giorni.

 

Per 48 ore mi sono immersa nel Bosco Vecchio camminando al passo marziale del rigido Colonnello Procolo, ho ascoltato le canzoni del Vento Matteo, mi sono seduta accanto ai Geni degli alberi rispettandone il silenzio, in alcuni tratti mi sono anche persa, ma, per fortuna sono stata ricondotta a casa dalla Gazza guardiana.

Arrivata all’ultima pagina, quando, girandola, mi sono accorta che non restava che la biografia dell’autore, mi sono sentita come sospesa e non ho potuto fare a meno di chiedermi quale fosse, dunque, il “Segreto” del Bosco Vecchio?

I conti non tornavano.

Perchè Buzzati aveva scelto proprio quella parola e non aveva deciso di usare “Mistero”, per esempio?

Forse perchè intitolarlo Il Mistero del Bosco Vecchio l'avrebbe reso troppo simile a La Boutique del Mistero?

Poteva quindi essere una scelta dettata da un problema editoriale? No, no di certo.

La risposta mi è arrivata lasciando decantare il libro e con un suggerimento da parte del vocabolario.

 

È interessante sapere che la parola segreto viene dal latino secretum (da 'secernere' mettere da parte, composto da se- ecernere,  'separare'). È quindi una parola complessa che sottintende un’azione decisa e puntuale, quella di scegliere di volta in volta cosa tenere per sè e cosa rivelare agli altri.

Quindi, a conti fatti, è proprio l’atto del separare è ciò che rende “segreto” un segreto.

 

La parola mistero, a sua volta, ha un legame forte con ciò che è segreto, nonostante la sua etimologia provenga dal greco mystérion (derivato di mýstes 'iniziato'; da collegare al verbo mýein 'chiudere, serrare') con una forte valenza esoterica e religiosa. La cifra del mistero è dunque la chiusura da un lato e l’iniziazione dall’altro: la dimensione è sia fisica che spirituale e ci rimanda all’immagine dei riti a porte chiuse o del serrare le labbra per non rivelare... proprio il segreto conosciuto.

 

Credo che, nel caso del libro di Buzzati, la scelta di utilizzare una parola piuttosto che l’altra sia stata sostanziale: il “segreto” del Bosco Vecchio è il “segreto” dello stesso Colonnello Procolo,  una realtà intimista che all’inizio del libro non è chiara neanche allo stesso personaggio, che ignora la propria dimensione interiore, e proprio per questo motivo non può essere mistero.

Il Colonnello delle prime pagine non è lo stesso della fine del libro, lo si capisce osservando il suo rapporto con il Bosco: all’inizio del libro il Colonnello tende a restare in casa, non osa entrare nel bosco e, nel momento in cui vi si addentra da solo si perde più volte. Proprio per questo si rende necessaria la guida del Bernardi per attraversare la selva, perche il Colonnello Procolo da solo non è in grado di cogliere i segnali che le creature del bosco gli inviano ed è sordo ai richiami del vento.

 

Scontrandosi con l'impossibilità di dominare razionalmente la natura progressivamente Procolo è costretto a scendere a patti con se stesso e arrendersi alle misteriose leggi del Bosco Vecchio, finchè, il giorno che decide malignamente di abbandonarvi il nipote, finisce per perdervisi a sua volta e a dover affrontare la grande notte da solo.

 

Questo è uno degli episodi-cardine del libro perchè, da questo momento in poi, il Colonnello non sarò più lo stesso.

Arrendendosi al bosco, smarrendosi, lascerà cadere le proprie difese e in quel momento inizierà a prendere coscienza del proprio mondo interiore, ritrovando la strada di casa e imparando ad orientarsi sia dentro se stesso che nel bosco: ne è la riprova che progressivamente la figura del Bernardi scompare, tornando ad essere marginale, e nelle ultime pagine Procolo uscirà nel bosco da solo, di notte, senza portare con sè nè lume nè bussola.

 

Il Bosco e le sue creature, da principio realtà episodiche, finiscono per fondersi con Procolo e la propria natura interiore.

Si passa quindi da un piano fisico – le ispezioni del Colonnello e il suo voler piegare il bosco alle proprie volontà – ad una dimensione più intimista e onirica in cui lo stesso Colonnello inizia a “sentire” le voci del bosco, a parlare con il Vento Matteo, i Geni degli alberi e gli animali, cosa che – come viene ricordata nelle ultime pagine – è possibile solo ai bambini.

Più il Colonnello si confronta con il bosco e le sue insidie, più riesce a scendervi a patti e creare un’armonia con la natura e se stesso, diventando più tollerante e smussando gli angoli del proprio carattere burbero.

Una parte di lui, entrando in ascolto e in risonanza con la vita del bosco, torna bambina, mentre, parallelamente, come in un passaggio di consegne, il giovane nipote cresce, si fortifica e diventa uomo.

 

— Dal dialogo tra il Vento Matteo e Benvenuto, il nipote del Colonnello Procolo, a pag. 188:

«É inutile» disse il vento «devo andare sul serio. Del resto, questa forse è la notte famosa in cui tu finirai di essere bambino. Non so se qualcuno te l'ha detto. Di questa notte i più non si accorgono, non sospettano nemmeno che esista, eppure è una netta barriera che si chiude all'improvviso. Capita di solito nel sonno. Sì, può darsi che sia la tua volta. Tu domani sarai molto più forte, domani comincerà per te una nuova vita, ma non capirai molte cose: non li capirai più, quando parlano, gli alberi, nè gli uccelli, nè i fiumi, nè i venti. Anche se io rimanessi, non potresti, di quello che dico, intendere più una parola. Udresti sì la mia voca, ma ti sembrerebbe un insignificante fruscio, rideresti anzi di queste cose. No, forse è meglio così, che ci separiamo al punto giusto.»

 

Il Segreto del Bosco Vecchio è un racconto denso, fitto, a tratti quasi scivoloso, proprio come addentrarsi in un bosco.

Con passo fermo, a fianco del Colonnello Procolo, anche noi pagina dopo pagina, interrogandoci, riusciamo a comprendere qualcosa di più del personaggio, di noi stessi e della nostra in-coscienza, prendendo per mano e lasciandoci guidare dal bambino interiore che è in noi che, a differenza nostra, in quel bosco sa orientarsi benissimo.

 

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FONTI:

Articolo a cura di Vittoria Poletti.

Il libro a cui si fa riferimento in questo articolo è "Il segreto del Bosco Vecchio" illustrato dall'autore, Dino Buzzati.

Edizione Mondadori - collana Oscar Junior, venticinquesima ristampa ottobre 2018.

 

Le immagini di questo articolo sono contenuti originali realizzati da Vittoria Poletti per ©TheGoldfish. Riproduzione riservata.